Nel contesto della sicurezza sul lavoro, termini come “pericolo” e “rischio” vengono spesso utilizzati, talvolta in modo intercambiabile, alimentando confusione ed incertezza. Eppure, comprendere la distinzione tra queste due parole è essenziale per una gestione efficace delle condizioni di lavoro. Il pericolo rappresenta una fonte potenziale di danno, mentre il rischio riguarda la probabilità che questo danno si concretizzi. Conoscere queste differenze non è solo una questione di terminologia, ma di sicurezza reale per lavoratori e aziende.
Qual è la principale differenza tra pericolo e rischio?
Quando si parla di sicurezza sul lavoro, la distinzione tra pericolo e rischio assume un ruolo fondamentale. Spesso confusi nel linguaggio comune, questi due concetti sono invece ben distinti nelle normative e nelle procedure di prevenzione.
Il pericolo si riferisce a un elemento o una condizione che ha il potenziale di causare danno, mentre il rischio riguarda la probabilità che tale danno si verifichi, in base alle circostanze.
In sintesi, il pericolo si riferisce a una caratteristica intrinseca di un oggetto, di una sostanza o di un’attività che può potenzialmente causare danni. Ad esempio, macchinari, sostanze chimiche o impianti elettrici rappresentano pericoli oggettivi per i lavoratori.
Il rischio, invece, riguarda la probabilità che il danno si verifichi, ovvero la possibilità che un lavoratore si esponga a tale pericolo. Per esempio, maneggiare sostanze infiammabili non causa automaticamente un incendio, ma in condizioni sfavorevoli e senza precauzioni, la probabilità che ciò accada aumenta, aumentando di conseguenza anche il rischio.
Le definizioni di pericolo e rischio secondo la normativa
Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ovvero il D.Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, offre una definizione chiara e precisa dei concetti di pericolo e rischio.
Secondo l’articolo 2, alla lettera r), il pericolo è descritto come la proprietà intrinseca di un fattore che ha il potenziale di causare danni. Alla lettera s), invece, viene precisato che il rischio si riferisce alla probabilità che tale danno si verifichi, considerando le condizioni di impiego o di esposizione a quel fattore o agente.
Più nel dettaglio:
- Art. 2, lettera r) “pericolo”: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni;
- Art. 2, lettera s) “rischio”: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.

Perché è importante conoscere la differenza tra rischio e pericolo?
Capire la distinzione tra rischio e pericolo è estremamente importante per una gestione efficace della sicurezza nei luoghi di lavoro. Spesso si tende a focalizzarsi sui pericoli evidenti, come macchinari complessi, sostanze chimiche o lavori in quota.
Tuttavia, il datore di lavoro deve andare oltre questa semplice individuazione, effettuando una valutazione approfondita dei rischi.
Questo processo, definito dal D.Lgs. 81/08, consiste nell’analizzare non solo i pericoli, ma anche la probabilità che questi causino danni e l’entità delle conseguenze.
Solo così è possibile pianificare misure preventive che riducano i rischi e proteggano i lavoratori, garantendo un ambiente di lavoro sicuro e migliorando costantemente i livelli di protezione.
Le 3 principali categorie di rischi sui luoghi di lavoro
Nel contesto della sicurezza sui luoghi di lavoro, i rischi possono essere suddivisi in tre principali categorie:
- Rischi per la sicurezza (Rischi di natura infortunistica);
- Rischi per la salute (Rischi igienico-ambientali);
- Rischi organizzativi e psicosociali (Rischi trasversali).
Rischi di natura infortunistica: definizione ed esempi
I rischi di natura infortunistica, o rischi per la sicurezza, sono quei rischi che comportano incidenti fisici immediati sul luogo di lavoro e che derivano da condizioni pericolose legate a macchinari, attrezzature o all’ambiente stesso in cui si opera.
Esempi comuni includono cadute da scale o impalcature, incidenti dovuti al malfunzionamento di macchine, o lesioni causate dall’utilizzo improprio di attrezzi.
Altri esempi possono essere i rischi legati al contatto con superfici taglienti, l’elettricità non adeguatamente gestita o l’interazione con materiali instabili.
Rischi igienico-ambientali: cosa e quali sono
I rischi igienico-ambientali, o rischi per la salute, riguardano l’esposizione a fattori presenti nell’ambiente di lavoro che possono compromettere il benessere fisico dei lavoratori nel lungo termine.
Questi rischi derivano principalmente da agenti chimici, come vapori tossici o polveri sottili, ma includono anche rischi legati al rumore eccessivo, a radiazioni o a condizioni climatiche sfavorevoli.
Lavorare in ambienti con scarsa ventilazione o a contatto con materiali pericolosi senza adeguate misure di protezione può portare a malattie professionali, allergie o problemi respiratori.
Rischi trasversali: cosa comprendono?
I rischi trasversali, noti anche come rischi organizzativi e psicosociali, riguardano fattori che possono influenzare negativamente la salute mentale e il benessere emotivo dei lavoratori.
Questi rischi includono lo stress lavorativo dovuto a carichi di lavoro eccessivi, scadenze ravvicinate o mancanza di risorse. Il sovraccarico di compiti, spesso legato a una cattiva organizzazione aziendale, può portare a esaurimento fisico e psicologico.
Anche le dinamiche relazionali problematiche, come conflitti con colleghi o superiori, possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita lavorativa, compromettendo la motivazione e la produttività.
I livelli di rischio sui luoghi di lavoro
I livelli di rischio nei luoghi di lavoro vengono generalmente classificati in tre categorie:
- Rischio Basso;
- Rischio Medio;
- Rischio Alto.

Rischio Basso: a cosa corrisponde? A quali aziende?
Il rischio basso si riscontra in attività lavorative dove l’esposizione a pericoli è limitata, come negli uffici o in ambienti amministrativi. In questi contesti, i pericoli principali sono legati a fattori ergonomici, come l’uso prolungato di computer o la postura scorretta, e a incidenti di lieve entità, come cadute o urti dovuti a spazi di lavoro mal organizzati.
Le aziende che operano nel settore terziario, come studi professionali, banche, assicurazioni o agenzie di servizi, rientrano tipicamente in questa categoria. Sebbene il livello di rischio sia basso, è comunque fondamentale adottare misure preventive, come la corretta disposizione delle postazioni di lavoro e il monitoraggio delle condizioni ambientali, per garantire il benessere dei dipendenti.
Ecco un esempio di aziende a rischio basso:
- Attività commerciali all’ingrosso e al dettaglio;
- Attività artigianali come carrozzerie, lavanderie, saloni di acconciature, pasticcerie;
- Alberghi, ristoranti e altre aziende del settore turistico;
- Agenzie di assicurazioni;
- Imprese immobiliari;
- Aziende informatiche;
- Imprese del settore delle pulizie;
- Venditori ambulanti;
- Associazioni culturali, sportive e ricreative;
- Organizzazioni extraterritoriali.
Rischio Medio: settori interessati ed esempi
Il rischio medio coinvolge attività in cui i lavoratori sono esposti a pericoli concreti ma gestibili, tipicamente presenti in settori come l’artigianato, la manutenzione e l’industria leggera. In questi ambienti, l’uso di attrezzature, utensili elettrici o macchinari comporta una maggiore probabilità di infortuni rispetto agli uffici, ma i rischi sono generalmente sotto controllo grazie a misure preventive e protocolli di sicurezza.
L’esposizione a sostanze chimiche, come vernici o solventi, è frequente, ma regolata attraverso adeguati sistemi di ventilazione o protezioni individuali. Esempi di attività a rischio medio includono la falegnameria, la manutenzione di impianti e la lavorazione di materiali, dove la formazione e l’attenzione alle procedure di sicurezza sono fondamentali per prevenire incidenti.
Ecco un esempio di aziende a rischio medio:
- Imprese agricole;
- Aziende di pesca;
- Imprese del settore dei trasporti;
- Aziende di magazzinaggio;
- Servizi di assistenza sociale non residenziale;
- Istituti di istruzione;
- Enti della pubblica amministrazione.
Rischio Alto: quali aziende sono interessate?
Il rischio alto è tipico di settori in cui i lavoratori affrontano condizioni di lavoro particolarmente pericolose o fisicamente impegnative. Aziende operanti nel settore dell’edilizia, dell’industria pesante, della manutenzione industriale o dell’estrazione mineraria rientrano in questa categoria.
Nello specifico, i pericoli possono derivare da cadute dall’alto, crolli, movimentazione di carichi pesanti, utilizzo di macchinari complessi o esposizione a sostanze tossiche.
A causa dell’elevata probabilità di incidenti o danni alla salute, queste aziende devono adottare misure preventive estremamente rigorose, come l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI), la formazione continua del personale e la costante valutazione dei rischi.
Ecco un esempio di aziende a rischio alto:
- Imprese edili e di costruzione;
- Aziende nel settore dell’estrazione di minerali;
- Raffinerie;
- Imprese manifatturiere (come lavorazione di pelli, cuoio, legno, carta);
- Aziende metalmeccaniche;
- Imprese di produzione elettrica ed elettronica;
- Industrie chimiche;
- Officine meccaniche;
- Aziende del settore alimentare;
- Imprese tessili;
- Aziende di gestione e smaltimento rifiuti;
- Imprese di distribuzione di energia elettrica, gas e acqua;
- Aziende del settore sanitario e dell’assistenza sociale residenziale.
Cosa succede se viene rilevato un rischio maggiore di quello Alto?
Nel caso in cui venga individuato un rischio superiore al livello Alto, la situazione richiede interventi immediati e drastici. Un rischio così elevato indica che le condizioni di lavoro sono estremamente pericolose e inaccettabili per la sicurezza dei lavoratori.
In questi casi, l’attività può essere temporaneamente sospesa fino a quando non vengono implementate misure di sicurezza adeguate. Le autorità competenti potrebbero intervenire per effettuare ispezioni e garantire che le aziende adottino le soluzioni necessarie, come l’installazione di dispositivi di protezione avanzati, la revisione delle procedure operative o, in casi estremi, la ristrutturazione completa dell’ambiente di lavoro per garantire la sicurezza dei dipendenti.

Cos’è la valutazione del rischio e perché è fondamentale in azienda
La valutazione del rischio è un processo essenziale per garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. Secondo la definizione di legge contenuta nell’articolo 2, comma 1 lettera q) del D.Lgs. 81/08, essa consiste in una valutazione globale e documentata di tutti i rischi presenti all’interno dell’organizzazione, con lo scopo di individuare le misure di prevenzione e protezione necessarie.
Nello specifico:
- “valutazione dei rischi”: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.
Da precisare, però, che questo processo non si limita a una semplice quantificazione numerica dei rischi, poiché non sempre è possibile tradurre ogni pericolo in cifre esatte. In molti casi, i rischi vengono valutati attraverso un giudizio qualitativo, basato sull’esperienza e su criteri ben definiti.
La valutazione del rischio è fondamentale per definire un piano di intervento efficace che garantisca il miglioramento continuo dei livelli di sicurezza in azienda, in modo da proteggere i lavoratori e da prevenire incidenti e malattie professionali.
Come si calcola il rischio in azienda?
Il calcolo del rischio in azienda parte da un concetto fondamentale: il rischio è una variabile probabilistica, non deterministica. Esso rappresenta la probabilità che un danno potenziale si concretizzi nelle condizioni di impiego di un determinato fattore.
Secondo il D.Lgs. 81/08, il rischio viene calcolato come il prodotto di due componenti principali: la Probabilità (P) e il Danno (D). Pertanto, la formula utilizzata è la seguente:
- R = P x D.
Più nel dettaglio:
- R: rischio
- P: probabilità
- D: il danno oppure la magnitudo, ovvero l’indice che misura la gravità delle conseguenze dannose.
La Probabilità indica la possibilità che un lavoratore subisca un danno durante lo svolgimento della propria attività. Il Danno (o Magnitudo), invece, si riferisce all’alterazione, temporanea o permanente, che può colpire l’organismo, come una frattura, un’infezione o una malattia professionale.
Entrambe queste variabili vengono quantificate su una scala da 1 a 4, permettendo di valutare in modo preciso le condizioni di rischio presenti in ogni ambiente lavorativo:
- PROBABILITÀ:
VALORE | SIGNIFICATO | CRITERIO |
1 | Molto improbabile | Il danno può verificarsi solo in circostanze estremamente rare o imprevedibili |
2 | Poco probabile | Il danno potrebbe verificarsi in caso di eventi particolarmente sfavorevoli |
3 | Probabile | Il danno potrebbe verificarsi in circostanze plausibili ma non frequenti |
4 | Molto probabile | Il danno è altamente probabile in condizioni simili già osservate |
- DANNO:
VALORE | SIGNIFICATO | CRITERIO |
1 | Lieve | Incidente che causa disturbi di breve durata, completamente reversibili in pochi giorni |
2 | Modesto | Incidente che provoca disturbi di maggiore durata, ma ancora reversibili nell’arco di alcuni mesi |
3 | Grave | Incidente che comporta danni permanenti parziali o irreversibili |
4 | Molto grave | Incidente che provoca invalidità totale o esiti fatali |
Si tratta di un metodo particolarmente efficace che consente alle aziende di stabilire le priorità nelle misure di prevenzione e protezione da adottare:

Intervallo di rischio:
- Verde: sicurezza;
- Giallo: rischio accettabile;
- Arancione: rischio significativo;
- Rosso: rischio grave.
Come avviene la procedura di valutazione dei rischi per la sicurezza?
La procedura di valutazione dei rischi per la sicurezza sul lavoro è un processo strutturato che si sviluppa in cinque fasi principali, ognuna finalizzata a identificare, valutare e ridurre i rischi presenti in azienda.
Ecco una panoramica dei passaggi chiave:
1. Individuazione e registrazione dei pericoli: il primo passo è identificare i vari pericoli legati all’attività lavorativa. Questo include macchinari, sostanze chimiche, condizioni ambientali e organizzative che possono mettere a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori. Tutti questi pericoli vengono registrati e documentati;
2. Valutazione dei pericoli per determinare il livello di rischio: una volta identificati i pericoli, è necessario valutarne la gravità e la probabilità di verificarsi. Si prendono in considerazione fattori come la frequenza dell’esposizione e il numero di persone a rischio, combinando questi aspetti per determinare il livello di rischio;
3. Individuazione delle misure di prevenzione e protezione: in questa fase vengono stabilite le misure necessarie per ridurre o eliminare i rischi. Si applicano principi di prevenzione, come l’eliminazione del pericolo, la sua sostituzione, l’isolamento o l’adozione di dispositivi di protezione individuale;
4. Attuazione delle misure: le misure preventive individuate devono essere implementate e monitorate costantemente. Supervisori e responsabili vengono incaricati di garantire che tutte le azioni necessarie vengano eseguite e che eventuali problemi siano risolti tempestivamente;
5. Monitoraggio e revisione: la valutazione dei rischi è un processo continuo che richiede un monitoraggio costante. Cambiamenti nell’organizzazione, l’introduzione di nuovi macchinari o variazioni stagionali possono modificare i rischi presenti, rendendo necessaria una revisione regolare delle misure adottate per mantenere il controllo del rischio residuo.
Cos’è il DVR? Perché è così importante?
Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è un elemento cardine della sicurezza sul lavoro, e la sua redazione – che deve avvenire entro 90 giorni dall’inizio dell’attività – è un obbligo non delegabile del datore di lavoro.
Il DVR – obbligatorio per tutte le aziende con almeno un lavoratore – rappresenta la base su cui si sviluppano tutte le politiche aziendali di prevenzione e protezione, dal momento che identifica, analizza e valuta in modo dettagliato i potenziali rischi presenti nell’ambiente lavorativo:
- Rischi per la sicurezza (Rischi di natura infortunistica);
- Rischi per la salute (Rischi igienico-ambientali);
- Rischi organizzativi e psicosociali (Rischi trasversali).
La sua importanza risiede nella funzione di pianificazione: il DVR, infatti, oltre ad elencare i rischi, permette anche di stabilire le misure necessarie per prevenire o ridurre al minimo questi rischi, al fine di garantire un ambiente di lavoro più sicuro.

Chi si occupa della valutazione dei rischi e della stesura del DVR?
La valutazione dei rischi rappresenta il punto di partenza per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché la base per le decisioni che riguardano i rischi per i lavoratori ed è una responsabilità non delegabile del datore di lavoro che, per l’occasione, si avvale della collaborazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del Medico Competente (MC).
Gli stessi lavorano, inoltre, insieme per redigere – previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) – un DVR che elenchi le misure adottate per eliminare o ridurre al minimo i rischi, tenendo conto di vari fattori, come le attrezzature utilizzate, le sostanze chimiche, le condizioni di lavoro e le esigenze specifiche dei lavoratori.
Il DVR, una volta redatto, deve essere firmato dal datore di lavoro, dal RSPP, dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e dal medico competente. Inoltre, deve essere dotato di data certa e può essere conservato in formato digitale, ma sempre consultabile e aggiornato.
Nello specifico, la redazione del DVR è frutto di un lavoro sinergico tra il datore di lavoro, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), il Medico Competente (MC) e l’RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza). Una volta redatto, deve essere aggiornato regolarmente e conservato presso ogni unità produttiva dell’azienda, in formato cartaceo o digitale.
Cosa succede in caso di mancanza del DVR?
La mancata redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) rappresenta una violazione grave degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro e comporta sanzioni rilevanti per il datore di lavoro.
In particolare, l’assenza del DVR può portare all’arresto del datore di lavoro per un periodo compreso tra 3 e 6 mesi o all’applicazione di un’ammenda pecuniaria che varia da 2.500 € a 6.400 €, così come previsto dalla normativa vigente.
Il DVR è un documento obbligatorio e non delegabile, fondamentale per la corretta gestione dei rischi all’interno dell’azienda. L’omessa redazione espone l’azienda non solo a conseguenze legali, ma anche a rischi operativi e reputazionali, rendendo urgente la sua tempestiva compilazione e il suo regolare aggiornamento.
Cosa succede se la valutazione del rischio è incompleta o errata?
Una valutazione del rischio incompleta o errata nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) può comportare gravi conseguenze sanzionatorie per il datore di lavoro.
In caso di omissione delle misure necessarie per migliorare i livelli di sicurezza, delle misure di protezione e prevenzione, delle procedure da seguire e della chiara distribuzione di compiti e responsabilità, si applica un’ammenda che varia da 2.000 € a 4.000 €.
Inoltre, se la relazione sulla valutazione dei rischi non include tutti i rischi presenti, o se non individua le mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono competenze professionali, esperienza e formazione adeguata, la sanzione può variare da 1.000 € a 2.000 €.
Una valutazione incompleta, infatti, compromette l’efficacia delle misure di sicurezza ed espone i lavoratori a rischi non adeguatamente gestiti e l’azienda a responsabilità legali e operative.
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